A.C. 259-B ed abbinate
Presidente, viene approvata, spero, oggi una legge importante che tentava di arrivare alla fine da ben tre legislature: che riguarda da un lato il tema della sicurezza delle cure, e dall'altro il tema della responsabilità professionale in sanità. Ricordo, peraltro, che questo tema è sempre stato affrontato all'interno delle Commissioni sanità e affari sociali alla Camera dei deputati.
La legge è complessa, non voglio in questa dichiarazione di voto ripetere le spiegazioni tecniche della relazione, a cui rinvio, che sono complete e spiegano la complessità del provvedimento. Mi concentro su due temi: sicurezza delle cure, responsabilità dei professionisti.
Sul piano della sicurezza delle cure mi permetto di ricordare, a chi pensa che stiamo parlando solo dell'attività del medico professionista, che in realtà uno dei grandi problemi della sanità di oggi è l'organizzazione del percorso. Quando al Pertini qualche anno fa, un paio d'anni fa, hanno sbagliato nell'inseminazione artificiale, sbagliando e confondendo le provette, quello era un problema organizzativo, di cattiva organizzazione. Agire sulla prevenzione, agire sul risk management, rivedere l'organizzazione è una responsabilità prima di tutto aziendale; ed è una pratica che abbiamo imparato da altri settori dove il tema della sicurezza è presente, e che ci obbliga ad ampliare l'intervento non solo ed esclusivamente alla responsabilità del medico.
Che cosa facciamo sul piano della sicurezza delle cure ? Intanto l'obbligo in ogni regione di attivare un centro per la gestione del rischio; l'obbligo per questo centro di trasmettere i dati all'Osservatorio nazionale delle buone pratiche, insediato per motivi di coordinamento e di risparmio presso Agenas; l'obbligo della trasparenza, per cui entro sette giorni dalla richiesta è obbligo dell'azienda di trasmettere la documentazione sanitaria, salvo ovviamente che manchino ancora esami che richiedono tempi tecnici più lunghi; l'obbligo di pubblicare su Internet i dati aziendali sui risarcimenti erogati; e anche l'obbligo di assicurare.
Sì, anche l'obbligo di assicurare, perché io non ho ancora capito se abbiamo trovato un qualche tesoro per cui, quando uno è danneggiato o rimane senza risarcimento, o deve risarcire lo Stato o devono risarcire il professionista che ha sbagliato e l'azienda sanitaria; ma se questi non hanno le risorse, e se c’è qualche problema, allora tutto il peso ricade sul cittadino paziente che ha subito il danno. L'assicurazione a questo serve: a tutelare dal rischio le nostre aziende ospedaliere, che spesso si trovano di fronte a risarcimenti significativi, e a tutelare i professionisti nei settori più delicati, dall'ortopedia alla ginecologia, che si trovano, se no, a dover farsi carico all'improvviso di carichi notevoli. Quindi, sta dalla parte del paziente ! E prevediamo che nel caso in cui questo non possa avvenire, perché magari quella compagnia assicurativa non c’è più, o qualche altro evento si sia verificato, è costituito a livello ministeriale un fondo di garanzia per garantire comunque al paziente danneggiato un adeguato risarcimento.
Dal lato della responsabilità, richiamo quanto già emerso nel confronto della prima lettura: c’è una ragione per cui noi siamo tenuti a tenere distinte la situazione del professionista sanitario da quella di qualsiasi altro professionista, ed è data dal fatto che è diverso curare un corpo umano dal costruire una casa.
Per quanto studiamo, conosciamo, approfondiamo, una parte di conoscenze ancora ci manca, e ognuno di noi è diverso dall'altro. L'alea del rischio che affronta il professionista sanitario non è paragonabile a quello che affronta nessun altro professionista; oltre alla peculiarità del nostro settore, che vede un numero di dipendenti professionisti da strutture organizzative aziendali molto più elevato che in tutte le altre categorie. Questo spiega le due scelte che sono contenute in questa legge, cioè la punibilità sull'ambito professionale del professionista nell'ipotesi di dolo e colpa grave, nei casi in cui però non abbia rispettato le linee-guida o le buone pratiche cliniche; e, in ambito civilistico, la distinzione tra la responsabilità contrattuale in capo alle aziende e quella extracontrattuale in capo agli esercenti le professioni sanitarie, con conseguenze diverse sull'onere della prova e sulla prescrizione.
Questo l'impianto: per cercare di ricostruire sia sul piano della sicurezza sia sul piano della responsabilità un clima migliore all'interno delle nostre strutture, che permetta al medico di agire in modo prima di tutto appropriato, lasciando da parte gli atteggiamenti conseguenti alla paura delle conseguenze penali o civili, la cosiddetta «medicina difensiva».
Mi permetto di ricordare inoltre, per rispondere ad alcune delle osservazioni che sono venute, che il ruolo riconosciuto al garante regionale è assolutamente paragonabile a quello del difensore civico: una funzione pubblica, che sarà chiamata a svolgersi con un attento ascolto delle associazioni di rappresentanza, ma che certo non può affidare questo ruolo di tutela, ma anche di giudizio sull'operato dei medici, in capo solo ed esclusivamente alle associazioni; è in realtà un ruolo che deve essere di garanzia, e la garanzia deve essere svolta sul piano pubblico.
Concludo ricordando che quanto noi stiamo facendo richiede una garanzia sulla tenuta del servizio sanitario. Dicevo all'inizio: alcuni dei problemi che abbiamo rilevato dipendono dalla cattiva organizzazione; diciamoci che una parte della cattiva organizzazione dipende anche dalla difficoltà dell'allocamento delle risorse, dai problemi posti dalle mancate assunzioni o coperture dei buchi di personale, dagli orari di lavoro ed altro. Allora, permettetemi: da un lato, noi vogliamo ricreare un rapporto positivo tra il medico e il paziente che ha in cura; dall'altro, noi dobbiamo prendere l'impegno a continuare a garantire al Sistema sanitario nazionale la possibilità di continuare a migliorare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).